
Cinzia Caggiano Scafidi, la madre straziata dall'assurda morte di Vito, lo studente di diciassette anni travolto dalle macerie, nel crollo della scuola Darwin di Rivoli, in un impeto di rabbia avrebbe voluto distruggere quella terribile scuola, dove il figlio era andato per crescere ed invece ha trovato la morte.
Quando le hanno detto che per Vito non c'era più nulla da fare, rabbiosamente ha cominciato a scatenare pugni contro la vetrata d'ingresso del Liceo, procurandosi dolorosi tagli alle mani e ai polsi, tanto che l'hanno dovuto condurre al pronto soccorso.
Ma quei pugni, non contro la porta, lei sicuramente avrebbe voluto dare ma contro chi per trascuratezza o inettitudine aveva fatto strappare, da un arrugginito tubo di ferro, la vita al suo "bambino". Al "suo angelo" dicono le ragazze che l'hanno conosciuto ed anche coloro che l'hanno visto per la prima volta su un blog o su una pagina di giornale.
E sarebbe stato lo sfogo più consono, che forse avrebbe fatto meditare chi ipocritamente solo adesso dice di comprendere che non si può morire in questa maniera, a quell'età e in un luogo destinato a proteggere e far crescere; e forse non avrebbe fatto dire più a nessuno che disgrazie così assurde sono semplici fatalità.
Adesso molti si accorgono che la metà di tutte le scuole d'Italia non sono in sicurezza, e c'è chi dice che ci sono i soldi da spendere ma non si riescono a spendere, e c'è pure chi nega d'avere tagliato risorse per la messa a punto dell'edilizia scolastica. Ma tutta questa gente, in realtà, aspetta che passi la buriana, che si cicatrizzino i tagli alle mani di una madre, il cui cuore ha ferite ben più strazianti e senza speranza di guarire. E' gente convinta che il popolo "distratto dai media o da altre proprie preoccupazioni" dimenticherà quanto è accaduto in quella scuola, come d'altronde ha buttato dietro le spalle il ricordo di tanti altri disastri. Ma sarà sempre così?
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