Una notizia che, con i tempi che corrono, non meraviglia.
Anche se fa letteralmente schifo.
La figlia di un assessore regionale, l’ex magistrato Giovanni Ilarda, nella nuova carica fregiatosi della fama di “sceriffo”, per la sua grinta persecutoria contro i “fannulloni” della Regione, ha dovuto dimettersi dall’impiego ottenuto per chiamata, con contratto quinquennale, come dirigente nell’ufficio di gabinetto dell’Assessorato ai Beni Culturali.
A suscitare lo scandalo, che ha indotto la donna a lasciare il posto, è stata una sacrosanta campagna condotta dai sindacati Cobas, Sadirs, Siad e Ugl – quest’ultima sigla vicina ad An, tutte insieme rappresentanti il 65% dei dipendenti regionali - che con un volantinaggio imperterrito hanno rimarcato come fosse stata assunta , senza averne esplicito diritto, la figlia del grande moralizzatore della Regione, che si era vantato di avere ridotto con la sua severità, l’assenteismo del 57%, nel breve giro di pochi mesi.
Perché fa schifo, la notizia, pur non essendo un caso isolato?
Appunto perché è il frutto della contraddizione del perbenismo ipocrita di chi, pur predicando bene, non si fa indietro quando può cogliere l’occasione di razzolare male.
La notizia delle dimissioni della giovane, è stata data dallo stesso genitore , il quale ha ammesso di aver commesso «una leggerezza» nel far assumere la figlia, «che pure può vantare una laurea con 110 e lode in discipline artistiche, parla due lingue ed è un´esperta di informatica».