domenica 19 settembre 2010
TROPPA PLASTICA GIRA NEL MONDO E SAREBBE L'ORA DI PORVI RIMEDIO.
I numeri che girano intorno al mercato della plastica sono sorprendenti; nel 2008 in Europa il consumo di materie plastiche ha raggiunto i 48.5 milioni di tonnellate, con Germania, Italia, Francia, Spagna e Inghilterra che hanno inciso da sole sul 66% dell’intero consumo europeo. Considerando che i rifiuti derivanti da plastica sono circa il 10-15% dei rifiuti urbani prodotti e che, nel caso specifico italiano la produzione pro capite di rifiuti urbani si aggira intorno ai 546 kg/abitante (dati ISPRA, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, 2007), ognuno di noi produce mediamente ogni anno circa 65 kg di plastica.
Dei 48.5 milioni di tonnellate di plastica consumata annualmente in Europa, il 38% è utilizzato nell’industria dell’imballaggio, e su questi 18 milioni di tonnellate si è recentemente arrivati ad una svolta. La normativa UE EN 13432, che meglio delinea la precedente direttiva europea 94/62/CE sugli imballaggi, definisce le caratteristiche che un materiale deve possedere per potersi definire biodegradabile o compostabile: almeno il 90% della parte organica del materiale in esame deve essere convertito in CO2 entro 6 mesi (materiale biodegradabile) e non più del 10% della massa originaria del materiale deve rimanere dopo 3 mesi di compostaggio e successivo setacciamento a 2 mm (materiale compostabile). In parole povere la normativa vieta, tra le altre cose, la produzione e la commercializzazione dei famigerati sacchetti di plastica non biodegradabili.
In Italia il comma 1130 della Finanziaria 2007 prevedeva il “definitivo divieto, a decorrere dal 1° gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l’asporto di merci”, rispettando la scadenza suggerita dalla direttiva comunitaria EN 13432. I decreti attuativi per definirne i modi e le sanzioni di chi non rispetterà il definitivo divieto però non sono mai stati emanati. Quindi dal 1° gennaio di quest’anno la scelta di abbandonare le care vecchie sportine di polietilene è puramente facoltativa.
A prescindere dall’efficacia (o meno) della legislazione italiana nell’applicazione di importanti normative in campo di tutela ambientale, l’interesse verso le plastiche biodegradabili è una tematica molto sentita a livello globale e l’attuale panoramica di prodotti disponibili è decisamente vasta.
Batteri, mais, rape, patate, pomodori e tanti altri prodotti della Natura costituiscono un pool “bio” potenzialmente vastissimo per la creazione di nuovi materiali plastici biodegradabili che potrebbero essere la salvezza per la nostra civiltà, innegabilmente inserita, senza troppi giri di parole, in una vera e propria “età della plastica”.
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1 commento:
Portarsi in giro un sacchetto di stoffa/cotone/borse + resistenti.
Aiutiamo l'ambiente...
soprattutto in una città dove non esiste la raccolta differenziata...
a dire il vero non esiste la raccolta
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