martedì 21 aprile 2009
E ADESSO IL FISCO POTREBBE METTERE LE MANI NELLE TASCHE DEI PORTABORSE=Sarebbero almeno due terzi quelli che lavorano in nero
I presidenti di Camera e Senato vogliono vederci chiaro
.....................................................FOTO:Rocco Buttigllione==>
Stavolta Giannantonio Stella (come già le Iene di Italia Uno) ha denunciato un abuso che potrebbe rivelarsi falso.
Entrambi, e con loro tanti altri, sono convinti che ci sia molto lavoro nero nella "categoria" dei portaborse parlamentari. E sulla base di questa convinzione, esternata mediaticamente, i due presidenti della Camera dei deputati e del Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani,hanno deciso d'intervenire per convocare i rispettivi uffici e affrontare la questione; possibilmente risolvendola con un semplice stratagemma: consentire l'ingresso in Parlamento soltanto a quei portaborse che saranno in possesso di regolare contratto con il parlamentare "collaborato".
Secondo le denunce di cui sopra, almeno il 60% di questa specie di collaboratori, lavorerebbe in nero: Il che significa che il compenso percepito da questa larga fetta di portaborse non viene denunciato al fisco, con una perdita di introiti per il Ministero delle Finanze.
Ma c'è un ma: è proprio esatto dire che c'è un'evasione fiscale, se il compenso va in effetti retribuito da un parlamentare che - se effettivamente lo paga - lo deduce dalla remunerazione (stipendio ed indennità) che riceve dallo Stato per la sua carica di parlamentare? Somma che, essendo nota, non può che essere tassata integralmente, qualora non venisse denunciata la spesa per il mantenimento del portaborsa.
E siccome, l'onorevole o il senatore, praticamente ha un reddito presumibilmente, se non addirittura certamente, di gran lunga superiore a quello del povero portaborse, non pensate che allo Stato convenga tassare il primo e non il secondo? Per cui anziché perdita ci sarebbe guadagno per le casse dello Stato.
Rocco Buttiglione, vicepresidente centrista di Montecitorio, sembra un po’ scettico: «Il problema è vecchio. E l’idea di dare una stretta è buona. Ma come si fa a stabilire il diritto di accesso a Montecitorio? Prendiamo il caso di un funzionario di partito: può certo collaborare con un deputato, ma senza avere necessariamente un contratto con lui. Il contratto ce l’ha con il partito».
«Credo che il problema vero - consiglia l' on. Buttiglione - sia quello di vincolare le cifre dei parlamentari a determinati servizi. E non dare quindi soldi ai parlamentari a prescindere dall’uso che dovranno farne». Sulla stessa linea anche un altro vicepresidente della Camera, Antonio Leone del Pdl. Dice, Leone: «Penso che l’ideale sia destinare una quota dei fondi dei parlamentari per l’assunzione di un collaboratore. E solo e soltanto se quel collaboratore viene assunto con un determinato contratto possono essere erogati quei denari. Altrimenti non credo si possa andare da nessuna parte».
Pazienza se poi lo Stato dovrà tassare su parametri più modesti.
A meno che - mi viene improvviso un dubbio - a meno che i Parlamentari non siano talmente privilegiati da godere l'esenzione fiscale su quanto percepiscono in quanto tali.
fra' Galdino
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