Da un po' di tempo a questa parte, ho notato che, non tutti i preti e non in tutte le Chiese, il tempo di durata della Santa Messa è accettabile. Una Celebrazione Eucaristica che, in media dovrebbe durare da 45 a 60 minuti, al massimo, con taluni sacerdoti e in talune Chiiese supera abbondantemente l'ora e addirittura capita che raggiunga l'ora e mezza di durata, anche perchè corredata da qualche altra cerimonia introdotta occasionalmente, ma soprattutto a causa della lunghezza della predica, spesso stiracchiata all'inverosimile e soporifera .
Ciò ovviamente non avviene soltanto a Barcellona, ma un po' dovunque e dipende sempre dalla mentalità del celebrante.
Mi ha fatto cogliere l'occasione per esprimere questa mia breve ancorché cruda considerazione, l'avere appreso che, in quel di Verona, un sacerdote, pensandola come me, ha deciso di venire incontro ai propri confratelli approntando un manuale del predicatore, con dentro "tutto quello che un prete deve apprendere per non annoiare i suoi fedeli". Si chiama don Mario Masina e i suoi consigli si possono leggere on line. Basta cliccare qui: MANUALEPREDICATORE.PDF
Qui sotto offriamo una prima cicca, a premessa del Manuale. "Domenica - avverte don Mario - in ogni chiesa, grande o piccola, bella o brutta, di città o di campagna, terminata la proclamazione del vangelo, la gente si siede e il prete comincia a parlare. È il momento dell’omelia o della predica, per dirla nel linguaggio corrente. Nessuno si meraviglia, nessuno protesta, nessuno si ribella. È scontato che c’è e bisogna ascoltarla. Dopotutto è duemila anni che funziona così. A questo punto della Messa i cristiani si aspettano alcune cose. In primo luogo di non addormentarsi perché sottoposti a un lungo, confuso e noioso monologo; in secondo luogo di non doversi sorbire l’ennesimo sfogo emotivo di uno che sembra ce l’abbia col mondo intero; infine, di portarsi a casa qualcosa che arricchisca spiritualmente la propria vita cristiana. E vi pare poco? Questa è la cosa dal punto di vista dai fedeli. Dal punto di vista del prete che prende la parola, possono insorgere alcune strane sensazioni. Qualcuno rimane convinto che basti aver frequentato i corsi di esegesi dell’antico e del nuovo testamento, con votazione di esame almeno superiore al venti, per commentare bene le letture domenicali. Qualche altro con meno dimestichezza di ermeneutica e dogmatica, fa affidamento all’imposizione delle mani del giorno della propria ordinazione che, ex opere operato, ha fatto di lui un buon predicatore. Altri, arrivati di corsa all’ultimo momento, si affidano allo Spirito, non avendo avuto il tempo di leggersi in anticipo nemmeno il vangelo. Altri vengono presi dal panico, perché parlare davanti all’assemblea non è mai facile. Alcuni affrontano serenamente il compito perché preparato con cura da tempo. Prendere la parola davanti a un’assemblea è un’arte. Certo, come ogni arte può essere che un prete sia più portato del suo confratello, più dotato per le qualità innate che si trova ad avere: artisti si nasce. È però altrettanto vero che artisti si diventa. Questo per dire che accanto ad innegabili predisposizioni congenite, come ogni arte, anche il prendere la parola in pubblico domanda un tirocinio di applicazione, di graduale acquisizione delle regole fondamentali, di paziente e umile riconoscimento di aver qualcosa da imparare. Ce lo domanda il rispetto per la Parola di Dio che dobbiamo annunciare, il rispetto per le persone che abbiamo davanti, il rispetto di noi stessi preti e del nostro servizio pastorale alla comunità. Ce lo domanda il tempo affascinante che stiamo vivendo, stagione culturale in cui la comunicazione gioca un ruolo fondamentale. In questo villaggio globale zeppo di parole, non è agevole farsi largo nell’intasamento multimediale. Sarebbe ingenuo pensare che la gente ti ascolta solo per il fatto che è fisicamente seduta in un banco. solo per il fatto che a parlare è un prete, solo per il fatto che l’oggetto è la Parola. Ormai abbiamo tutti un telecomando incorporato dentro la testa: se il tizio che parla non ci cattura entro i primi due minuti, abbiamo già cambiato canale. E allora addio predica! Cominciamo allora ad esaminare l’oggetto in questione, la predica. Gli elementi che entrano sono di carattere contenutistico, di carattere personale e comunicativi". L'autore si soffermerà su questi ultimi elementi, convinto che possa così districare la matassa e aiutare il collega ad essere il più accetto possibile all'uditorio. VI raccomando, soprattutto se siete predicatori, di cliccare sopra. Io l'ho fatto... fra' Galdino | |||
3 commenti:
Che certe omelie hanno un chiaro effetto soporifero è indubitabile. Ma il problema spesso non è la durata ma il loro contenuto. E sulla durata media della Messa, preferisco quella che dura un'ora e mezza ma che viene celebrata degnamente piuttosto che una Messa di 25 minuti celebrata in fretta e furia. E ce ne sono...
Qui si parla specificamente della predica. Poi in Chiesa uno può stare quanto meglio gli aggrada. Capita però che, di domenica, ci sono delle madri di famiglia che al mattino devono pure pensare a cucinare e per loro allontanarsi due ore diventa difficile. Spesso per questo motivo non vanno a Messa. A San Giovanni c'è la Messa di Padre Conti, dura non più di 40 minuti, ma nessuno potrà mai dire che non si ascolti con più devozione di certe altre messe che durano un'ora e mezza. E'il Prete che rende la Cerimonia dignitosa , e se il prete è pomposo, retorico e ripetitivo non fa certamente un buon servizio alla Chiesa e al Santissimo Sacramento.
Ti suggerisco di leggere il manuale su web, cliccando su:MANUALEPREDICATORE.PDF in questo post.
Cicciu,hai messo sul tappeto un tema formidabile.Bravo. In Italia ci sono 8mila comuni circa e 28mila parrocchie.Se l'omelia fosse fatta bene,cioè non moraleggiante disturbante nè banale,i risultati sarebbero buoni.ma non è così.Qualcuno dell'alta gerarchia ha detto che essa non deve durare più di 7minuti.Dovrebbe contenere pillole di sapienza cristiana.Dovrebbe essere preparata la sera prima in dialogo coi fedeli.Invece il prete è lasciato solo a fare e dire quello che vuole.Anche noi siamo sacerdoti di Cristo avendo ricevuto battesimo e cresima,e possiamo dire la nostra.Possiamo e dobbiamo criticare il parroco,come possiamo e dobbiamo criticare il politico.Entrambi rappresentanti della collettività.La democrazia deve essere governante in entrambi i campi,se no diventa autocrazia.Il fedele non è una pecorella smarrita.Nè il cittadino,un testimone passivo.Il fedele-cittadino ha un ruolo importante nel governo inscindibile del corpo-anima.La Chiesa e la politica sono alleate dal tempo di Costantino ma questa loro allenza non ha ancora portato buoni frutti perchè non è fatta per l'uomo ma per il potere.Cristo e il suo Vangelo non sono prioritari.Il vescovo ha concluso la manifestazione antiracket con un discorso non retorico ma l'autorità politica ha nicchiato.L'intervento del sindaco all'oratorio è stato deludente non originale non convincente.Ha fatto riferimenti di parte, in una manifestazione non di parte.Si è autosqualificato.La Chiesa ha fatto una buona figura ,la politica no.La chiesa deve criticare la politica che non fa il suo dovere.L'accoppiata che s'è instaurata oggi non fa bene alla vita spirituale nè a quella materiale.Convertiamoci...
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