Premetto che, di gay, non me ne intendo, per cui credo che potrei essere il meno qualificato a trattare un qualsiasi argomento del genere.
Sennonché, m’è capitato di leggere, su più di un giornale, qualcosa che m’ha fatto un po’ meditare, fino a farmi decidere di fare un piccolo commento, anche se da semplice incompetente. Nell’imminenza della ennesima edizione dell’ormai vetusto Festival di San Remo, per l’occasione affidata alla conduzione di Bonolis, probabilmente per aprire una sonora campagna mediatica, diversi giornalisti si son messi a scrivere, più che di tutte le canzoni aspiranti alla corona sanremese, di una in particolare: quella presentata da Giuseppe Povia, il cantautore che – lo ricorderete meglio di me – dopo anni di digiuno, ha cominciato ad assaporare il successo con il brano “I bambini fanno oh” e a gustarlo meglio con la vittoria riportata a San Remo cantando “Il piccione”. Adesso Povia sembra essere entrato nell’occhio del ciclone mediatico, mentre si accinge a fare esordire una sua nuova canzone che parla di un certo Luca che, guarda un po’, ERA gay.
E’ capitato che l’imperfetto di quell’ausiliare ha fatto arrabbiare talmente i “gay in atto”, da suscitare un vero e proprio trauma psicologico con un conseguente intreccio di commenti, talmente schierati da provocare una spaccatura ideologica, a dir poco speciosa. Che ovviamente Povia, sebbene non se l’aspettasse, avrà accolto a braccia aperte per la sua impagabile efficacia pubblicitaria.
A sollevare il polverone propagandistico è bastato l’intervento reattivo dell’Arcigay, che ha lanciato su Facebook un gruppo con lo slogan “Non lasciamo che Povia canti, a San Remo, di ex gay”. Per la semplice ragione che gay si è...e basta: non si può essere ex, come vorrebbe far credere la canzone di Povia.
Poiché pare che ancora nessuno conosca il testo di “Luca era gay”, si potrebbe però supporre che Povia voglia cantare di un Luca che c’era una volta e adesso non c'è più, essendo morto. Una supposizione che viene, però, scartata dall’Arcigay, secondo cui il vero significato del brano lo ha anticipato lo stesso cantautore quando ha dichiarato di essere un ex gay, guarito grazie alle teorie "riparative" di Joseph Nicolosi, un cattolico integralista americano, secondo cui l’omosessualità sarebbe una malattia curabile: tesi ampiamente confutata dalla comunità scientifica mondiale. “Se Bonolis e il suo direttore musicale intendono mandare in scena uno spottone clerical-reazionario contro la dignità delle persone omosessuali, sappiano fin d'ora che la nostra reazione sarà durissima, rumorosa e organizzata». E’ la minaccia definitiva dell’Arcigay, che così intende difendere la “naturalità” dell’omosessualità contro una forma di “omofobia subdola e clericale”. Tale difesa ad oltranza potrebbe però avere un effetto “rebound” a tutto vantaggio del soggetto combattuto: un po' come sta accadendo con Berlusconi, nei cui confronti più si parla male e più si fa pubblicità a favore.
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