

Le vecchie lampade ad incandecenza, che tanta pubblicità ci ha fatto sostituire con quelle a più basso consumo, per farci risparmiare energia elettrica, sono quasi da rimpiangere.
Esse, infatti, a differenza di quelle nuove, una volta fulminatesi, non ci hanno mai impensierito per il loro smaltimento. Cosa, questa, che non si può dire per le cosiddettte lampade "risparmiatrici", che di ecologico non hanno nulla: sono anzi addirittura fonte gravissima d'inquinamento, se non vengono raccolte in maniera differenziata e smaltite con procedimenti in grado di evitare la dispersione delle sostanze nocive in esse contenute: polveri fluorescenti e mercurio.
Perchè avvenga tale raccolta differenziata, propria del materiale inquinante, in base a una disposizione di legge comunitaria, recepita piuttosto tardivamente dall'Italia, bisognerà quanto prima organizzarsi, se non si vuole che quintali di lampade fuori uso continuino a finire nei comuni cassoni della spazzatrura, come da sempre accade per le tonnellate di buste di plastica contenenti i comuni rifiuti umidi. Onde evitare un tale scempio ecologico urge che si dia incarico per la raccolta e lo smaltimento a imprese specializzate, in grado di recuperare gli oltre cento milioni di lampade a basso consumo, di vario tipo, che annualmente si esauriscono in Italia. Si pensi che ormai, per necessità di risparmio, in tutte le città l'illuminazione pubblica e quella dei negozi, insegne comprese, viene realizzata con lampade a basso consumo e tubi fluorescenti, tutti necessariamente oggetti di particolare attenzione. Un'esigenza talmente pressante da indurre lo Stato a cercare un modo per affrontarla. E l'ha trovato: metterà un balzello nella vendita delle lampade, consistente in un soprapprezzo di 22 centesimi, che, trattenuto dal produttore, gli servirà per affrontare la spesa per la raccolta differenziata ed il riciclaggio del materiale inquinante.
Fra Galdino
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