Mentre si attendeva il giorno delle elezioni, nell’ambito delle forze politiche locali accadeva di tutto. Nel partito socialista, nove dei più rappresentativi elementi cittadini decidevano di auto-sospendersi per reagire al “palese tentativo del vecchio in provincia di fare annegare la voglia di rinnovamento in un mare di silenzio”. In un documento, firmato da Domenico Scolaro, Antonino Cutugno, Giovanni Mazzù, Raffaello Lucchese, Antonello Calabrò, Paolo Biondo, Salvatore Fazio, Francesco Di Paola, Cosimo Rossello, veniva spiegato che la protesta sarebbe durata fino a quando non si fosse fatta chiarezza sulla struttura organizzativa della federazione di Messina. Erano già i sintomi eclatanti di quel processo di disfacimento che avrebbe, di lì a poco, tolto dalla scena politica i partiti tradizionali. E il fiuto di quei nove dissidenti sembrava avvertirli che, per sopravvivere, dovevano cercarsi delle scialuppe di salvataggio. Nel campo dell’agonizzante schieramento di centro, mentre si tentava di rimediare alla crisi dei partiti cercando nuove composizioni, avveniva che coloro che fino allora avevano appoggiato Roberto Molino, in contrasto con i Santalchiani, gli voltavano le spalle per puntare la loro posta su Franco Speciale, preso a simbolo del “rinnovamento” per essere stato fino allora lontano dalla politica attiva. Molino, “trombato” dagli ex amici, anziché fare buon viso a cattivo gioco, non seppe però resistere alla tentazione di reagire d’impeto e, fortemente arrabbiato, chiamò in raccolta gli aderenti al gruppo “Linea Democratica”, da lui costituito quando faceva parte della Dc, e l’invogliò a raccogliere le firme per la sua presentazione a sindaco, nell’eventualità che si decidesse a fare quel passo in piena autonomia. “Per ora io – dichiarava Molino – non intendo sbilanciarmi. Ho ancora qualche giorno per potere meditare su quanto è stato fatto per impedire la mia candidatura . Può darsi che mi decida a fare ciò che potrebbe sembrare un’avventura. Ma dico io, se non si ha il coraggio di affrontare l’imprevedibile, a che cosa serve vivere e lottare? Negli ultimi anni s’è lottato per dare alla nostra città una nuova dimensione. Non mi sembra giusto, adesso, deporre le armi, anche se all’improvviso sono sopravvenute gravi defezioni”.
E trascorse solo qualche giorno, il tempo per la raccolta delle firme, e l’ex sindaco dei “30 giorni” decise di cavalcare la tigre. Sarebbe stato l’antagonista n.1 del candidato scelto, a suo discapito, dall’aggregazione centro-progressista, ancorchè nata , a suo giudizio, in seguito alla spallata da lui inferta alla già obsoleta Dc locale .
Francesco Cilona
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