
Dopo che Fini ha fatto intendere chiaramente che alla Camera non avrebbe consentito nessuna priorità al decreto legge sulle intercettazioni, vista la necessità di affrontare un provvedimento ben più importante ed urgente qual è la manovra finanziaria, Bossi, preoccupato del rischio che in tanto frangente possa frenare l'attenzione per il suo progetto federalista, s'è incontrato con Fini per assicurargli la propria disponibilità a seguirlo sulla strada dei cambiamenti al ddl intercettazioni licenziato dal Senato, non foss'altro per «non rimanere fregati» dalla mancata promulgazione da parte del presidente della Repubblica.
"Se si va testa a bassa non risolvi le cose, se invece si tratta, si parla e si risolvono"- sostiene il senatur - "Per andare avanti sul ddl intercettazioni bisognera' trovare un accordo tra Berlusconi e Napolitano",
Le conseguenze della nuova strategia di Bossi si sono registrate poco dopo in commissione Giustizia, dove la lega s'è mostrata d'accordo con la presidente Giulia Bongiorno - finiana, relatrice del provvedimento - sulla necessità di «approfondire», «riflettere» (anche con audizioni) «modificare» alcuni punti del testo, a cominciare dal meccanismo delle proroghe del tetto massimo di 75 giorni.
Ad opporsi, invece i berlusconiani, insstenti perché si faccia presto.
Anche se sanno che ormai Berlusconi hacapito che insistere su ciò è ormai tempo perso, non potendo fare più nulla per scongiurare le modifiche a un testo che ormai non sente più "suo" e del quale, quindi, gl'importa poco.
Di ciò, ovviamente, ritiene responsabile il presidente della Camera, che lo «boicotta» e gli aizza contro la sinistra e l'Europa.
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