Partendo dall’assunto di Massimo D’Azeglio, secondo cui era stata fatta l’Italia, ma restava fare gli Italiani, il prof. Santi Fedele, relatore dell’incontro svoltosi stasera nel salone della Corda Fratres , ha tracciato attraverso un chiaro exursus storico la difficile strada percorsa, in un secolo e mezzo, per la formazione dell’auspicata identità nazionale, nell’Italia unificata. Dopo avere illustrato la molteplicità dei mezzi, non sempre efficaci, utilizzati dalla nuova classe politica per suscitare l’amor patrio nell’animo di gente fino a ieri vissuta in condizioni di separatezza e in situazioni socio-politiche disparate, il prof. Fedele ha evidenziato la modesta positività dei risultati, inficiati da una serie di limiti e contraddizioni, che anziché indurre ad un’unica identità nazionale avrebbero portato addirittura all'affermazione di diverse Italie. A ciò, nel tempo, si aggiunse il deleterio apporto della dittatura, che con la sua propaganda tese a fare identificare il fascismo con il concetto di nazione. A colmare la misura sopravvenne l’effetto devastante dell’armistizio dell’8 settembre, che per l’immagine unitaria del Paese, fu una ferita talmente grave da superare la tragicità della sconfitta di Caporetto. Finita la seconda guerra mondiale, con la insanguinata appendice della Resistenza, che per certi aspetti assunse i connotati di una vera e propria guerra civile, sorse la necessità di ricostruire materialmente, politicamente e moralmente
Francesco Cilona
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