lunedì 22 ottobre 2007

COSì TERMINA IL CICLO MOLINO

Nelle foto: Molino(alto dx) Gitto (alto sx
Munafò (basso sx) Scolaro (basso dx)

Non era trascorso neppure un mese dalla visita del presidente della Regione Siciliana, al Comune di Barcellona Pozzo di Gotto, quando, alle 19,10 di giovedì 10 febbraio, giunse all’ufficio del Sindaco Molino un fax da Palermo, firmato dallo stesso presidente , on. Franco Martino. Con freddo linguaggio burocratico si comunicava che la giunta regionale, “ai sensi della legge regionale 9/93”, aveva deliberato lo scioglimento del consiglio comunale di Barcellona. Un colpo di fulmine per una notizia da tempo temuta.
E così quello che doveva essere l’autoscioglimento auspicato da Santalco, probabilmente per evitare un ventilato scioglimento per infiltrazioni mafiose, si concretizzava in scioglimento d’autorità per mancato adempimento d’un dovere burocratico, entro i termini stabiliti dalla Regione: cioè per la mancata approvazione del piano regolatore generale entro il 31 dicembre 1993.
A Roberto Molino e alla sua Giunta, che si erano insediati a Palazzo Longano il 5 gennaio del ‘94, non restava altro che considerarsi “estromessi” e potevano– anzi dovevano – rimanere al Comune soltanto per il disbrigo degli affari correnti, in attesa che s’insediassero due commissari inviati dala Regione ( uno straordinario con poteri amministrativi e l’altro incaricato a portare a termine l’iter del P.R.G.).
I due nomi si conobbero subito: erano il dott. Francesco Giarrizzo e l’ingegnere Giuseppe Giacalone.
Ma perché mai non si era riusciti ad approvare, dopo quasi tre anni dall’affidamento ai tecnici, la revisione del piano regolatore?
Perché, come spesso capita, si era fatta troppa “melina” tra amministratori e progettisti e, man mano che passavano i mesi, ci si trovava sempre con qualche novità da affrontare.
Il sindaco Molino , volendo fare buon viso a cattivo gioco, affermò che accoglieva quella drastica misura con serenità, e lo consolava il fatto che la responsabilità politica dello scioglimento non ricadeva sulla sua amministrazione. I commenti sull’evento che aveva colpito la città di Barcellona furono disparati.
L’ex sindaco dc, Carmelo Munafò, legatissimo a Santalco, considerò lo scioglimento del consiglio una buona occasione per favorire il chiarimento della situazione politica venutasi a creare negli ultimi tempi, svincolando così le contrapposte forze dai problemi della gestione del potere. Insomma ci sarebbe stata maggiore possibilità di riflettere. Di diverso tenore era invece il pensiero dell’allora capogruppo del Psi, Domenico Scolaro, secondo cui l’arrivo dei due commissari avrebbe tolto d’impaccio quei personaggi che avevano assunto impegni sul piano regolatore e che su esso avevano costruito le loro fortune politiche. Ugualmente reattivo fu il giudizio del vice sindaco giubilato, Carmelo Gitto, del Pds, che, giudicando estremamente positiva, per quanto breve, l’esperienza dell’Amministrazione retta da Molino, per essere riuscita a rompere con i vecchi metodi e per la determinazione dimostrata nell’affrontare i problemi della città, sottolineò che “in un mese, essa era riuscita ad affrontare emergenze esplosive, quali la questione dei lavoratori precari e l’assegnazione degli alloggi popolari agli aventi diritto, risolte con tempestività. Mentre altri problemi, come quelli dell’area artigianale, del cimitero, del regolamento dei cottimi fiduciari erano già allo studio e prossimi alla soluzione. Per concludere: dopo cento giorni dall’inizio del “bailamme” del 2 novembre e 35 giorni di effettiva piena sindacatura, Roberto Molino lasciava la stanza dei bottoni, ma rimaneva in lui il desiderio di rivalersi. Possibilmente alle elezioni in primavera, ormai prossime.

Francesco Cilona

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ritorno sull'argomento per fornire spunti di riflessione. Sono convinto che lo scioglimeno del Consiglio comunale, seppur legittimo, grida ancora oggi giustizia, specie se confrontato con la situazione della citt� di Messina. Nessuno � riuscito ancora a produrmi argomenti convincenti che giustifichino, sul piano del diritto, il diverso trattamento riservato alle due pi� importanti citt� della provincia. E' bene ricordare che alla guida della citt� di Messina vi era il dott. Leonardi, attuale Presidente della Provincia di Messina. In verit� in Italia, il percorso politico spesso dipende da fatti che nulla hanno a che vedere con le regole della democrazia; ho finito di leggere da poco l'ultima fatica di Oliviero Beha, "Italiopoli"; in esso viene spiegato con dovizia di particolari il meccanismo attraverso il quale la "Casta" della politica mantiene il controllo del potere, ricacciando coloro i quali, essendo fuori dal "Residence" intendono prorompere, modificando le regole del gioco. Riconosco di avere fatto parecchi errori nel mio tragitto di impegno politico, ma quasi sempre per "legittima difesa". Torner� per spiegare meglio questo concetto

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