venerdì 21 settembre 2007

ROBERTO MOLINO "ELETTO SINDACO"



E siamo giunti al momento clou. Siamo al 2 novembre del '93. Il Consiglio Comunale convocato per le 20,30 è radunato nell’aula di Palazzo Longano.
Gli scranni sono tutti occupati a destra e a sinistra, piena è pure la zona destinata al pubblico.
Stasera si deciderà sulle sorti del consiglio: se dovrà sciogliersi o se potrà continuare,guidato da una nuova amministrazione, dopo che, il 3 agosto, s’è dimessa la Giunta Santalco. Per evitare che la memoria mi tradisca in qualche particolare, ricorro a quanto scrissi, a conclusione di quella seduta, sul Giornale di Sicilia. “La maggioranza dc - annunciai allora - diventa minoranza per la fuoruscita di sette suoi rappresentanti, ma riesce ugualmente a realizzare il suo disegno di fare sciogliere il consiglio comunale”. Anche se, “dopo le schermaglie oratorie che si sono protratte fin dopo la mezzanotte, un gruppo di consiglierì ha simbolicamente eletto primo cittadino un giovane, per un atto di rottura col passato”. Vedremo che, il sindaco simbolico, eletto dopo la mezzanotte, è Roberto Molino, contestatore assieme ad altri consiglieri dc della conduzione santalchiana.
Ma torniamo alla dinamica di quella seduta: “Quando la sera del 2 novembre, alle 20,30 , con insolita puntualità, il consiglio comunale di Barcellona ha aperto la seduta, per procedere alla ricostituzione degli organi amministrativi, già tutto era stato minuziosamente preparato dal senatore Carmelo Santalco per ostruire, ad una eventuale nuova maggioranza, il passo verso la stanza dei bottoni, che per quasi quarant’anni era stata occupata dalla “sua” Dc.
Anzitutto la data e l’ora della riunione, scelte a ridosso della mezzanotte fatidica, per ridurre all’osso i margini di tempo da dedicare alla trattazione dell’importante affare. Quindi la tattica dilatoria dell’ostruzionismo verbale per protrarre fino a mezzanotte la discussione ed impedire che si arrivasse in tempo utile ad eventuali votazioni per la formazione di una nuova amministrazione”. Bisogna ricordare che categoricamente era stata fissata dalla Regione la mezzanotte del giorno dei defunti, come capolinea per il consiglio che, in più di due mesi non era riuscito ad eleggere gli amministratori.
Tutto funzionò a regola d’arte: dalla proposta di una giunta dc, con a capo l’assessore uscente Carmelo Crinò, presentata dai restanti 14 consiglieri santalchiani, alla “melina” avviata dal candidato a sindaco con una lunga strascicata lettura d’un programma abborracciato e proseguita “dalla sorprendente carica oratoria degli altri democristiani ortodossi, che, andando oltre la teoria di Pinocchio, avevano lasciato per quell’ultimo momento non soltanto i punti e le virgole, ma tutte le parole che non avevano saputo usare in passato”. E così, allo scoccare della mezzanotte, ancora si parlava del più e del meno e s’ipotizzavano linee programmatiche destinate a non essere mai affrontate. A quel punto non ci fu più bisogno neppure di verificare se la proposta amministrativa della DC avesse i numeri per andare in porto. Era giunta l’ora zero e pienamente soddisfatti d’avere “azzerato” tutto, persino il consiglio, i 14 favorevoli allo scioglimento abbandonarono l’aula, seguiti dal segretario generale del Comune e dagli altri funzionari presenti alla seduta. Rimanevano in aula i sette dc dissenzienti e quelli dell’opposizione, che sommati formavano uno schieramento trasversale di 23 consiglieri fautori di una nuova Amministrazione. Una maggioranza trasversale lasciata in aula, secondo i santalchiani, con un palmo di naso
Senza esitare, i “restanti” continuarono ad occupare i loro scranni, con l’intento di proseguire i lavori, pur in assenza del segretario e nonostante fosse scoccata l’ora della scadenza dei termini. La nuova maggioranza, formata da Msi, Pds, Pri, Psdi, Psi, Rinnovamento Sociale e i sette dc dissidenti, nomina subito presidente il dottore Sebastiano Bauro (dc), e affida le funzioni di segretario al consigliere più giovane, il missino Filippo Sottile. Sono le 0,10 del 3 novembre, quando si riprendono i lavori. Roberto Molino, che aveva fatto da capofila nel gruppo dissidente dc, viene candidato a sindaco dallo schieramento di "salute pubblica", prende posto accanto al nuovo presidente che aveva sostituito l’uscente Carmelo Torre, presenta programma e giunta e, coll’unanime consenso dei 23 consiglieri rimasti in aula, viene eletto sindaco. Nasce così, nel più insolito dei modi, con 22 voti a favore e nessuno contrario, l’amministrazione che dovrebbe, a giudizio dei promotori, sventare il pericolo dello scioglimento anticipato del Consiglio Comunale di Barcellona e costituire un segno di rottura con il passato, il cui sistema d’amministrare veniva considerato ormai obsoleto. Per la “storia”, vale la pena riferire la composizione della atipica amministrazione: sindaco, Roberto Molino, procuratore legale; assessori: Domenico Piccolo, dott.commercialista (rinnovamento socialista); Giovanni Munafò, avvocato (Dc) ; Giovanni Mazzù, avvocato (Psi); Filippo Sottile, dott. commercialista (Msi); Vincenzo Alizzi, docente (Pri); Carmelo Gitto, geometra sindacalista (Pds); Antonino Cutugno, docente, (Psi), Giuseppe Accetta, architetto (Pri).

Francesco Cilona.

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