La "riattazione" e il completamento del nuovo teatro Mandanici - secondo una recente dichiarazione del sindaco di Barcellona, dott. Candeloro Nania - dovrebbero essere effettuati entro ls fine dell'anno, in maniera che si possa procedere quanto prima alla consegna della struttura ultimata e alla sua prima utilizzazione.
Ciò costituirebbe un vero e proprio miracolo, perché chiuderebbe una di quelle telenovele senza fine che ci vengono ammannite in quest'Italietta svagata e depresssa, un po' come avviene in televisione per talune fictions americane.
I lavori, per una spesa di cinquemilionitrecentotrentacinque Euro, sono stati affidati per aggiudicazione ad un'impresa competente nel settore e consistono - secondo il relativo progetto - in un'operazione di utilizzo della struttura finora edificata ( ma notevolmente danneggiata dal lungo abbandono e da conseguenti azioni vandaliche) con l'aggiunta di tutti gli adeguamenti e gli ammodernamenti previsti dalla progettazione, in maniera da rendere il "nascente" teatro più idoneamente utilizzabile rispetto a quanto stabilito dal progetto originario.
LA PENOSA STORIA DEL NUOVO TEATRO
Da quasi mezzo secolo (44 anni per l'esattezza) Barcellona attende che il "suo" teatro, distrutto da un incendio la notte tra il 31 maggio e il primo di giugno del 1967, venga ricostruito.
Mancava un'ora alla mezzanotte, quando un denso fumo proveniente dall'interno del teatro Mandanici, mise in allarme alcuni cittadini nella vicina piazza San Sebastiano. Uno di essi, il parrucchiere Franz Trovato, senza perdere tempo, telefonò ai vigili del fuoco di Milazzo, alla polizia, ai carabinieri. Intanto le fiamme cominciavano ad alzarsi e, quando giunsero i pompieri, l'incendio era ormai divampato. Seguirono ore di grande suspence. C'era il rischio che il fuoco aggredisse le vicine abitazioni, e diverse famiglie furono costrette a sloggiare. Mentre la piazza si riempiva di gente, le fiamme inesorabili distruggevano quello che lo storico Nello Cassata avrebbe poi definito "l'antico tempio dell'arte barcellonese". Fino a tarda sera in quel "tempio", non più frequentato dalla musa della lirica, c'era stato un affollato convegno delle Acli. Le fiamme si sarebbero sviluppate quasi immediatamente dopo la chiusura di quella riunione. Il sospetto dell'origine dolosa non mancò, ma si parlò anche d'imprudenza e di accidentalità. Si potè tuttavia escludere una sola causa: quella del corto circuito, ritenuta impossibile, essendo stato accertato dai vigili del fuoco che il quadro elettrico era rimasto intatto. "Sino ad oggi - scrisse Cassata nella Storia di Barcellona Pozzo di Gotto - non si è potuta conoscere la verità. Del vecchio edificio, ch'era stato il più grande e glorioso teatro comunale della provincia, secondo solo al "Vittorio Emanuele" di Messina, non rimaneva che il prospetto, con la scritta, intatta, sul frontone, "Teatro Mandanici". Dalle occhiaie vuote, che erano state le finestre, si scorgeva una scena desolante di muri anneriti, di legni affumicati, di travi cadenti". Della ricostruzione dello sfortunato teatro si parlò, con promesse da marinaio, quasi subito: nella immediata campagna elettorale regionale di giugno e in quella dell'anno successivo, per le elezioni politiche nazionali.
Si scomodò, per garantire ai barcellonesi la rinascita del tempio della lirica persino la buonanima dell'onorevole Rumor, in un comizio tenuto in piazza Duomo. E la gente credette che, nel giro di qualche anno, le promesse sarebbero state mantenute. Ci furono però anche gli scettici. E ad essi il tempo avrebbe dato ragione.Ma continuiamo con la memoria storica. Demoliti i resti del vecchio teatro, si dovettero superare lunghe diatribe, per stabilire, alla fine, che il nuovo teatro si sarebbe potuto costruire su un'area diversa da quella lasciata libera dal "Mandanici". Quindi si diede l'incarico ad un architetto, per la stesura di un progetto. Si era all'inizio del 1971 e si stimò che con un paio di centinaia di milioni di lire si sarebbe potuto costruire sulla base di quel disegno. Ma dovettero trascorrere ben otto anni, da allora, per potere avere la certezza che si sarebbe cominciato a lavorare. In una riunione del consiglio comunale, tenuta il 23 maggio del 1979, il sindaco pro tempore annunciò che l'amministrazione di Palazzo Longano, non avendo potuto ottenere finanziamenti dalla Regione e dallo Stato, aveva deciso di accendere un mutuo di un miliardo di lire con la Cassa Depositi e Prestiti per consentire la realizzazione del progetto, che l'architetto Giovanni Leone di Catania aveva redatto per il nuovo teatro.
Ci fu un sospiro di sollievo, anche se non mancarono per l'occasione i soliti scettici che, facendo riferimento a prevedibili tempi lunghi d'attuazione e alla corrosione valutaria dell'inflazione, poco credettero alla efficacia di quel primo miliardo.
Ci fu un sospiro di sollievo, anche se non mancarono per l'occasione i soliti scettici che, facendo riferimento a prevedibili tempi lunghi d'attuazione e alla corrosione valutaria dell'inflazione, poco credettero alla efficacia di quel primo miliardo.
Intanto apparvero i primi intoppi, determinati dalla natura del terreno, scelto per la nuova sede del teatro: una specie di "ruzzola-serpi", a ridosso della villa di via Destra Longano, di natura argillosa, per il cui sbancamento e l'inevitabile palificazione fu giocoforza impiegare gran parte del primo finanziamento.
A questo punto, con crescendo rossiniano, partiva la spesa reale.
Dovendoci addentrare nei meandri dei lotti, per non smarrirci, venti anni fa, ci affidammo al filo d'Arianna, gentilmente allungatoci dal dottor Mariano Gangemi, allora responsabile dell'ufficio amministrativo lavori pubblici del Comune, il quale con grande trasparenza ci rese noti tutti i passaggi finanziari, le relative cifre, le imprese esecutrici dei lavori; di cui in parte eseguiti ed il resto in corso d'opera.
"La spesa complessiva, per lavori, oneri tecnici, imposte, attrezzature e parte degli arredamenti - riferiva il funzionario - è di sei miliardi e duecentocinquanta milioni di lire. I lotti sono in tutto sei. Il primo è di un miliardo, per lavori eseguiti dall'impresa Umberto Sapone; il secondo, per 750 milioni di lire, è stato affidato all'impresa Filippo Rizzo; mentre l'impresa Icedil SpA ha continuato con il terzo lotto, per l'ammontare di un miliardo. Il quarto e il quinto lotto - per rispettivi 500 milioni e un miliardo di lire - sono in corso di esecuzione, ad opera dell'impresa Nicola De Salvo. Restano da appaltare i lavori relativi al sesto lotto, per un importo di due miliardi di lire".
A questo punto, con crescendo rossiniano, partiva la spesa reale.
Dovendoci addentrare nei meandri dei lotti, per non smarrirci, venti anni fa, ci affidammo al filo d'Arianna, gentilmente allungatoci dal dottor Mariano Gangemi, allora responsabile dell'ufficio amministrativo lavori pubblici del Comune, il quale con grande trasparenza ci rese noti tutti i passaggi finanziari, le relative cifre, le imprese esecutrici dei lavori; di cui in parte eseguiti ed il resto in corso d'opera.
"La spesa complessiva, per lavori, oneri tecnici, imposte, attrezzature e parte degli arredamenti - riferiva il funzionario - è di sei miliardi e duecentocinquanta milioni di lire. I lotti sono in tutto sei. Il primo è di un miliardo, per lavori eseguiti dall'impresa Umberto Sapone; il secondo, per 750 milioni di lire, è stato affidato all'impresa Filippo Rizzo; mentre l'impresa Icedil SpA ha continuato con il terzo lotto, per l'ammontare di un miliardo. Il quarto e il quinto lotto - per rispettivi 500 milioni e un miliardo di lire - sono in corso di esecuzione, ad opera dell'impresa Nicola De Salvo. Restano da appaltare i lavori relativi al sesto lotto, per un importo di due miliardi di lire".
"E allora possiamo essere davvero agli sgoccioli?
"Non essendo un tecnico, non mi sento in grado di sbilanciarmi - risponde diplomaticamente Gangemi - ma se dovessi esprimere un parere empirico, sulla base dei lavori finora eseguiti e delle somme impiegate, direi che i tempi lunghi ormai sono passati".
Questa dichiarazione risale a novembre del 1991, venti anni fa. I fatti ci dicono che, purtroppo, quel parere dovette essereun po' troppo empirico, visto che i tempi già lunghi si sono allungati ulteriormente fino al 2012. E adesso attendiamo la fine con la grande speranza che l'ultima ciambella riesca con il buco.
...........................................................Nella foto Mariano Gangemi
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