Ieri in un incontro organizzato da Idv e Pd, svoltosi nella sala conferenze della Vecchia Stazione, s'è parlato di uno dei beni più preziosi dell'umanità: l'acqua, elemento essenziale per la vita, come l'aria e più del cibo.
S'è parlato della necessità d'un'oculata reggimentazione, trattandosi di liquido prezioso a rischio di crescente carenza per il dilatarsi della siccità. E s'è pure fatto riferimento ad un altro pericolo, consistente nel sempre più sfacciato tentativo di privatizzazione. Problema, quest'ultimo, che nasce dalla proposta di liberalizzazione di tutti servizi pubblici, formulata dalla Comunità Europea su delibera dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), e descritta nel trattato GATS (Accordo Generale sulle Tariffe e Servizi).
Oltre alla sanità, scuola, strade, ferrovie, poste, energia, anche la gestione dell'acqua rientrerebbe nel calderone dei servizi privatizzabili, per la semplice ragione che si reputa il "privato" sinonimo di maggiore efficienza, essendo in esso insita la concorrenza che determinerebbe prezzi più bassi e servizi migliori, nel rispetto dei diritti dei cittadini. Convinzione che, almeno dalle nostre parti, in base alle più recenti esperienze, s'è rivelata sbagliata.
Poste e ferrovie docent.
Ma non sarebbe neppure necessario andare fuori della gestione dell'elemento acqua, per convincersi che sarebbe un grosso errore affidare in mani private il controllo e la gestione dell'acqua.
Ci sono esperienze "in corpore vili" davvero significative che bastano a far respingere, a calci nel di dietro, chi s'azzardasse, nella nostra città, solo ad accennare vagamente ad una sia pure minima tentazione di privatizzare il servizio idrico.
Eccone alcune da valutare:
L'esperienza di privatizzazione dell'acqua a Chieti è stata all'insegna di un aumento dei prezzi di 5 volte. Altri comuni hanno sperimentato la diminuzione degli investimenti privati per l'ammodernamento delle reti idriche, con conseguenze gravi per l'irrogazione; per ragioni del genere, il Comune di Grenoble (Francia), dopo aver privatizzato il servizio, si è ripreso la gestione della distribuzione e del trattamento dell'acque.
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"La contestazione che viene mossa a questa operazione è che si passa da una gestione di società di diritto pubblico, i cui interessi sono le necessità primarie del cittadino a costi minori, ad una società di diritto privato la cui finalità è di favorire l'interesse dei soci, e l'obbligo del profitto, si parla di un minimo del 7% (le direttive WTO indicano il 15% per la distribuzione e un 20% per il trattamento delle acque), pena la chiusura, dopo tre anni di conti in rosso".
E allora, vi sembrerebbe sano e giusto un eventuale tentativo di privatizzazione?
Per carità, non se ne parli affatto.
Tutte le novità, che finora abbiamo sperimentato nell'erogazione dei servizi sono risultate fallimentari: basterebbe accennare al grosso guaio che ci hanno procurato Regione e Comuni facendoci affidare la gestione della raccolta dei rifiuti solidi urbani agli ATO.
Dio ci scansi e liberi da siffatte operazioni.
Nevvero signori amministratori di Palazzo Longano?