sabato 29 settembre 2007

LA PENTOLA IN "COMUNE"



Ancora un blitz dei carabinieri, negli uffici del Comune, per il sequestro di documenti riguardanti opere pubbliche da appaltare e costruire. Stavolta si tratta di carte riguardanti delle varianti apportate al nuovo piano regolatore generale, che sarebbero state approvate dal Consiglio Comunale e che, secondo due "ricorrenti" alla Magistratura, sarebbbero viziate da presunti interessi privati, per cui c'entrerebbe il rischio dell'abuso d'ufficio per chi ha disposto e avallato tali modifiche. Tutta la documentazione necessaria allo svolgimento dell'inchiesta, adesso, è nelle mani del sostituto procuratore della Repubblica del Tribunale di Barcellona, dott. Olindo Canali, che si sta muovendo da mesi puntando l'attenzione su una sequela di operazioni, delibere del consiglio e gare d'appalto, che, in seguito a ricorsi di cittadini e imprese private, odorerebbero di irregolarità.
Quest'ultimo sequestro di documenti pone in una condizione di stallo l'iter relativo alla progettazione e costruzione del tanto conclamato asse viario, da anni ritenuto indispensabile per smaltire il traffico all'interno della città, liberando soprattutto le strade interne ( vie Operai, Papa Giovanni, Marcomi, Kennedy) dalla congestione determinata dal transito di mezzi pesanti, visto che quelle strade , pur essendo a senso unico, costituiscono in maniera precaria il raccordo per la SS113, dall'ingresso all'uscita. Insomma, come per altri lavori da appaltare, anche per quest'opera ci sarà un enpasse, che non si sa quanto durerà. Sembra il destino di questa città, dove, per un verso o per un altro, le opere che si devono fare se non nascono storte - come certe strade costruite alcuni decenni fa - stentano addirittura a vedere la luce. E, ovviamente non per gli interventi di legge, doverosi e opportuni, ma per l'ormai mitica "pentola in comune", che non riesce a bollire.
Almeno dalle nostre parti, così si dice: che la pentola in comune non bolle mai.

Fra' Galdino

venerdì 28 settembre 2007

IL DRAMMA DEL MYANMAR in diretta by blogs

Eccezionalmente il "post" è lungo, ma vale la pena di scorrerlo fino in fondo, per chi vuole la traduzione.


The burgundy robes of Buddhist monks usually evoke a sense of spiritual calm. But for the repressive junta that has ruled Burma for 45 years, the recent sight of shaven-headed clerics marching the streets has been anything but soothing. For more than a week now, tens of thousands of Buddhist clerics have rallied across the country, their daily alms routes turned into paths of protest. Some walked quietly with their begging bowls overturned — an implied excommunication of the military leaders whose punitive fuel hikes provoked the first demonstrations back in August. Initially, Burma's generals tried to extinguish the protests by arresting dozens of pro-democracy activists who had kick started the civil disobedience. But with the Buddhist clergy quickly tAnd when they act, people follow. By Sept. 24, thousands of ordinary Burmese had overcome their fear of the regime and joined the demonstrations, their shoes slapping through the monsoon downpours alongside the monks' bare feet. While marching monks recited prayers in the commercial capital Rangoon, civilians raised their fists and chanted their own mantra: "Democracy, democracy." The participation of normal citizens has turned what had been a series of sporadic rallies into the largest sustained display of dissent in Burma in nearly two decades. " The people's only weapons are their hands," said an elderly teacher watching the procession

of protestors with teary eyes. "The government wants to wipe them out, but the people are not afraid."

Nota della Redazione:

Attraverso i blogs del pianeta, anche quelli clandestini dei popoli oppressi, è possibile vedere
in diretta anche ciò che vorrebbero nasconderci gli oppressori dei popoli.
BARCELLONABLOG cerca sempre di fare il proprio dovere per un'obiettiva conoscenza dei fatti e per porsi in sintonia con quanti hanno a cuore il sopravvivere della Democrazia, della Giustizia Sociale, della Pace.
Ciò che sta accadendo in estremo oriente,
in un Paese già vessato dai soprusi di un governo opprimente, dovrebbe fare riflettere parecchio i nostri politici che, dimenticando la valenza della libertà democratica, litigano come i polli di Renzo, che non potendo reagire all'uomo che li teneva in mano con le zampe legate si beccavano fra di loro. Ora, come quei polli di manzoniana memoria, i signori politici nostrani non rischiano di farsi del male reciprocamente?
Ma rischiano anche e soprattutto di fare male all'Italia

Traduzione :
Gli abiti della Borgogna dei monks buddisti evocano solitamente un senso di calma spiritosa. Ma per la giunta repressiva che ha regolato la Birmania per 45 anni, la vista recente dei monaci dalla testa rasata che marciano per le vie è stata qualche cosa poco consolante. Per più di una settimana decine di migliaia di monaci buddisti si sono radunati attraverso il paese, e hanno trasformato i loro itinerari quotidiani in percorsi di protesta. Alcuni hanno camminato tranquillamente con le loro ciotole per l'elemosina capovolte: una scomunica implicita per i capi militari che con gli aumenti punitivi del combustibilea vevano provocato le prime dimostrazioni indietro in agosto. Inizialmente, i Generali della Birmania hanno provato ad estinguere le proteste arrestando le dozzine degli attivisti a favore della democrazia che avevano iniziato la protesta con la disobbedienza civile. Ma quando il clero buddista associandosi ha assunto la direzione del movimento, il mercoledì 26 settembre il regime ha adottato un provvedimento severo e violento sui dimostranti - un movimento potenzialmente pericoloso in questa nazione profondamente religiosa. “I monks sono gli unici che realmente abbiano la fiducia della gente,„ dice Khin Omar, un dissidente in esilio, che attualmente vive in Tailandia. “Quando parlano liberamente, la gente li ascolta.
E quando agiscono, la gente li segue. Entro il 24 settembre, le migliaia del birmano ordinario avevano superato il loro timore verso il regime unendosi alle dimostrazioni, le loro scarpe di montone che "schiaffeggiavano" l'una contro l'altra accanto ai monaci scoprivano i loro piedi. Mentre i monaci in marcia recitavano le preghiere a Rangoon capitale commerciale, i civili alzavano i loro pugni e cantavano il loro proprio mantra: “Democrazia, democrazia.„ La partecipazione dei cittadini normali ha trasformato ciò che era stato una serie di raduni sporadici nella più grande esposizione continua di dissenso in Birmania in quasi due decadi. “Le uniche armi della gente sono le loro mani,„ ha detto un insegnante anziano che guarda il procession dei protestors con gli occhi pieni di lacrime. “Il governo desidera farla fuori, ma la gente non è impaurita.„
Raccolto e spigoòato da: Fra' Galdino for Barcellonablog



giovedì 27 settembre 2007

MENTRE LA CITTA' ARRANCA


Trascorsi dieci giorni dalla inusitata votazione che aveva determinato l’elezione di Molino a “sindaco” e, non essendo stata possibile ancora la proclamazione, in attesa dell’insediamento, non del tutto certo perché contrastato dalla cordata fedele a Santalco, Roberto Molino e la “sua Giunta” organizzarono un incontro con i “media, che non potendosi svolgere nella sede del Comune, si tenne nella sala della biblioteca comunale.
Durante l’intervista, Molino fece distribuire copie di un piccolo “dossier”, che gli interessati avevano inviato al Coreco, all’assessore regionale enti locali ed al presidente della commissione antimafia, on. Violante. Inoltre annunciò che, contemporaneamente, era stata spedita all’organo regionale di controllo una copia della “storica delibera” dell’elezione della nuova amministrazione, considerata anomala dalla minoranza santalchiana, perché votata solo pochi minuti dopo la mezzanotte del due novembre, ultimo dei sessanta giorni di crisi amministrativa consentita dalla legge.

Visto questo bailamme, l’assessore regionale agli Enti Locali, che allora era Luciano Ordile, non potè fare a meno di nominare immediatamente un ispettore per i necessari accertamenti sulla complicata vicenda. L’incarico per tale controllo fu dato al dottore Scialabba, che dopo qualche giorno s’insediò a Palazzo Longano per prendere in esame l’ingarbugliata situazione.
Intanto passavano i giorni e, mentre la città continuava ad arrancare, priva degli amministratori, nascevano e s’intrecciavano polemiche, persino tra gli stessi sostenitori di Molino.
Soprattutto i Missini sembravano aver preso la palla in balzo per aumentare la loro visibilità e rilasciavano dichiarazioni intese a sollecitare l’attuazione di “un patto leale tra le energie pulite presenti in città, per liberare Barcellona dalla logora politica dei corridoi e dei vecchi schieramenti asserviti alle direttive verticistiche”. Sembrò, questo, un parlare alla nuora perché intendesse la suocera. E nel caso specifico, la suocera era lo stesso Molino che cominciava ad essere sospettato di non essere del tutto libero da legami con qualche capocorrente dc, allora molto in auge e con grosso incarico alla Regione.
Insomma se Molino voleva fare il sindaco sorretto da un’aggregazione leale, doveva dimostrare di essere libero da ogni compromesso. Questo sostenevano praticamente Peppino Buzzanca, Pippo Marzullo, Rino Nania, Attilio Gelsomino, Eugenio Torre, in un loro pepatissimo comunicato.
Molino, da persona intelligente, capì l’antifona e cercò di mettere in chiaro le cose. Con una contro-nota, data alla stampa, spiegò che, quando in una sua intervista al Giornale di Sicilia aveva affermato che i democristiani che l’avevano votato erano sostenuti dal partito di appartenenza, salvo che a livello locale, era lontano dal pensare che ciò fosse un demerito, ma che fosse confortante verificare che su una battaglia politica legittima, ci fosse il consenso, quantomeno ideale, non soltanto della gente comune, ma anche dei partiti tutti. Quanto detto, secondo Roberto Molino, avrebbe dovuto smentire il sospetto che la “sua” operazione fosse stata architettata con il consenso e l’appoggio di qualche pezzo grosso dc: specificatamente, dell’assessore regionale Luciano Ordile..
( Nella testina: l'ex assessore regionale Luciano Ordile)
Francesco Cilona

mercoledì 26 settembre 2007

LO FAREMMO DA NOI?


Quello che sta accadendo nell'ex Birmania ( adesso rinnovata nel nome - Myanmar - ma non nei metodi di conduzione politica) è davvero tremendo e non può non ricordarci fatti già avvenuti nella vicina Cina, nella stessa Birmania, nel 1988, e meno recentemente in Ungheria. Eppure c'è qualcosa di straordinariamente nuovo adesso: decine di migliaia di monaci buddisti, da settimane, sfilano per le strade di Rangoon , appoggiati, dal popolo birmano ormai stanco del regime dittatoriale che l'opprime. Nelle ultime ore, la manifestazione nata per una protesta pacifica, nonostante il permanere del comportamento mite dei monaci e ordinato della popolazione al seguito, è stata insanguinata dall'intervento repressivo di un regime militare che da anni ha instaurato un clima di paura, antidemocratico, liberticida. Già si registrerebbero una decina di morti, tra cui una paio di monaci, una ventina di feriti, centinaia di arresti. Negli ultimi giorni, alla protesta si sono aggiunti moltissimi studenti universitari, che assieme al popolo sfilano sventolando bandiere rosse con lo stemma della Lega Democratica,:un pavone giallo. Chiedono che gli arrestati e tutti i prigionieri politici, tra cui la leader della Lega per la Democrazia, Suu Kyi, vengano liberati. Per questi gravissimi fatti, che potrebbero avere rovinose conseguenze per i manifestanti e l'intero paese, si è riunito d'urgenza il Consiglio delle Nazioni Unite, nella speranza di potere fermare lo "zunamy"di un nuovo massacro, forse peggiore di quello perpetrato diciannove anni fa, quando scattò la brutale repressione della cosiddetta "primavera democratica birmana". Adesso una considerazione: noi che viviamo, in una democrazia - anche se imperfetta e forse anche malata - se dovessimo perdere la libertà , come già è avvenuto 85 anni fa, troveremmo tanta gente e tanti religiosi pronti a scendere in piazza per farcela riacquistare? Da qualche ora mi arrovella un dubbio, ma non ho il coraggio di esprimerlo.

(Nella foto: una veduta della pacifica sfilata dei monaci buddisti)


Fra' Galdino

martedì 25 settembre 2007

ANCORA ESPOSTI PER IL MARE INQUINATO

Arriva con un tantino di ritardo il solito esposto di cittadini, con residenza in prossimità della foce del torrente Mela, che protestano per lo stato d'inquinamento che "per alcuni chilometri di costa caratterizza il mare e la spiaggia della zona". I firmatari, un centinaio circa, fanno presente che l'increscioso stato "è causato dal dissennato comportamento delle ditte operanti lungo le rive del torrente che senza alcuna precauzione scaricano sostanze nocive".
Considerato che, tutti gli anni, un esposto del genere è arrivato sul tavolo dell'amministratore comunale e qualche volta persino su quello del Magistrato, con il risultato d'interventi per l'individuazione delle cause, la protesta di quest'anno, anche se manifestatasi a stagione balneare ormai chiusa, dimostra ancora una volta che, nella nostra città come anche a Milazzo, in questo caso ugualmente interessato, il pungolo per sensibilizzare gli amministratori deve essere costante ed indefesso.
Già nel 1997, apparvero sui giornali diversi interventi in grado di focalizzare la gravità della situazione. Nei primi d'agosto di quell'anno ci fu addirittura un'aspra polemica , aperta dall'allora difensore civico, Anna La Malfa, che "bacchettò" il Comune , per "il persistente comportamento omissivo di chi aveva ed ha il dovere d'intervenire, per porre fine ad un tale stato di degrado e di pericolo per la salute pubblica e per l'ecosistema ambientale e marino". In seguito a quest'intervento furono avviati dei controlli sanitari, che confermarono l'allarme denunciato da cittadini ed ambientalisti.
Ci furono iniziative ufficiali e il 24 luglio di quello stesso anno, per la prima volta i giornali poterono annunciare che, bloccati gli scarichi sul Mela, tornava pulito il mare di Caldà
"Ora il flusso sembra essersi fermato. Balneazione ripristinata?" Si lesse in un titolo di giornale, con un "sembra" e un punto interrogativo che, per il dubbio insinuato, sono ancor oggi di grande attualità.

(Nella testina:Anna La Malfa)

Fra' Galdino

lunedì 24 settembre 2007

MOLINO SINDACO SUL FILO DI LANA





L’insolita battaglia consiliare della notte tra il due e il tre novembre (’93) ebbe un lungo strascico, che si protrasse per circa tre mesi.
L’uscita dall’aula, allo scoccare della mezzanotte, del gruppo santalchiano ( compreso il presidente del consiglio) seguito dal segretario comunale, e la immediata ripresa della riunione da parte dei 21 consiglieri “trasversali”, rimasti per eleggere all’unanimità Roberto Molino “sindaco”, diede subito la stura ad un groviglio di polemiche e contestazioni, talmente eclatanti da suscitare un vero e proprio caso politico con risvolti regionali. Quella notte era sorto un insolito dilemma: sarebbe stato ancora una volta il senatore Santalco a cantare vittoria nella città in cui aveva “regnato” per trentasette anni, o la sua lunga permanenza sarebbe stata scalzata da un gruppetto di contestatori del suo stesso partito che, negli ultimi tempi, aveva cominciato a dare segni d’insofferenza?
Intanto, per prima cosa, bisognava stabilire se l’elezione di Molino rientrava nei parametri della legalità. Per i santalchiani quella elezione era stata un’inqualificabile farsa, recitata fuori tempo e fuori luogo da un pugno di “traditori”, strumentalizzati dalle minoranze.
Un “insulto” che Molino respingeva al mittente, convinto d’avere correttamente partecipato ad un’operazione politica intesa a togliere la città. da una situazione divenuta ormai obsoleta.
Comunque, per il gruppo fedele a Santalco, l’elezione di Molino non era valida e quindi il suo insediamento a sindaco non sarebbe mai avvenuto. Da parte sua Molino, anche se l’elezione era avvenuta sul filo dei minuti, riteneva che la validità della delibera sarebbe stata sancita dagli organi competenti della Regione Siciliana..
Intanto esprimeva viva soddisfazione per la valenza politica del risultato, da lui definito, in un’intervista, “di carattere straordinario, perché per la prima volta un sindaco e una giunta erano stati decisi al di fuori delle segreterie politiche, ed in particolare della segreteria Santalco: insomma era nato un modo nuovo di fare politica”. Dopo avere espresso un giudizio estremamente negativo nei confronti del presidente del consiglio, Carmelo Torre, che “anziché essere sopra le parti e consentire che alla fine si svolgessero regolarmente le votazioni”, avrebbe fatto di tutto per avvantaggiare il suo partito con interventi dilatori lesivi dei diritti di una maggioranza con un programma atto a governare la città”, il “sindaco contestato” si diceva pronto ad andare fino in fondo con eventuali ricorsi, sul piano amministrativo e, se necessario, addirittura alla Magistratura, per una verifica sulla legalità dei comportamenti registrati in aula, durante la riunione del 2 novembre.
Nell’infuocato dibattito, suscitato dall’agitata seduta consiliare, tra i primi a intervenire fu allora il consigliere provinciale del Pds, Vito Siracusa, che giudicò la vicenda consiliare della notte del 2 novembre, “il fatto politico più rilevante e, per certi aspetti, storico degli ultimi 37 anni di vita politico-amministrativa a Barcellona, perché offriva la possibilità di un cambiamento profondo e di un’aggregazione basata su scelte programmatiche rinnovatrici”. “Su questo solco storico, tracciato in consiglio comunale – auspicava Siracusa – sarebbe occorso che la parte sana della città, abbandonando ogni pregiudizio, si muovesse per costruire un argine contro il vecchiume, lo strapotere e i privilegi “. Se tale argine ci sia stato, tutti lo sanno, ma nessuno lo dice.
(Nelle foto: Molino e Siracusa)

Francesco Cilona

domenica 23 settembre 2007

UNA TESTIMONE INFALLIBILE

(Nelle foto: VALERIA CUCINOTTA E IL ROGO DI PATTI)


Protagonista di un dramma che, se non le ha distrutto il corpo, avrebbe potuto sconvolgere la sua anima, sembra uscita indenne, con tutta la sua bellezza e nella pienezza del suo spirito. L'abbiamo vista, a lungo, sullo schermo di una una tv a testimoniare, con lucida fermezza, quanto aveva visto e sofferto di fronte al trerrificante dilagare del rogo che, nel rifugio del Falco, un mese fa, assalì e incenerì quel sito, causando cinque vittime umane: la sua mamma, Lucia Natoli, suo zio, Costantino Cucinotta, la nonna Caterina Barberina Maffolini, i dipendenti del ritrovo agrituristico, Concettina Scafidi e Giuseppe Bompensiere.
Valeria Cucinotta, splendida ragazza di 22 anni, dopo avere sofferto gli "spasimi" di gravi scottature, amorevolmente lenite e curate negli ospedali di Messina e di Napoli, adesso è lì a ricostruire con apparente freddezza e ricchezza di particolari lo scenario infernale di quel maledetto rogo, dolosamente appiccato da chi, se veramente esiste rimorso umano, dovrebbe rodersi l'anima, per tutta la vita. E con l'aggiacciante sua testimonianza, la splendida Valeria, pur senza inveire, inchioda nella loro "scottante" responsabilità, quanti, in quella tragica occasione, non seppero fare il proprio dovere con la "dovuta" tempestività.

Informazioni personali

La mia foto
barcellona pg, messina, Italy
Questo blog non va considerato testata giornalistica: poichè i suoi post non vengono aggiornati con cadenza periodica e preordinata, non può costituire prodotto editoriale, ai sensi della legge n.62 del 7.3.2001. L'autore si dichiara non responsabile per i commenti ai vari post. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze non vanno addebitati all'autore, neppure quando vengono formulati da anonimi o criptati. Le immagini pubblicate, quando non sono di proprietà dell'autore, sono procurate con licenza di pubblico dominio o prese liberamente dalla rete. Nell’eventualità che qualcuna violasse i diritti di produzione, si pregano gli interessati di darne comunicazione a questo blog perché si provveda prontamente alla cancellazione.