Trascorsi dieci giorni dalla inusitata votazione che aveva determinato l’elezione di Molino a “sindaco” e, non essendo stata possibile ancora la proclamazione, in attesa dell’insediamento, non del tutto certo perché contrastato dalla cordata fedele a Santalco, Roberto Molino e la “sua Giunta” organizzarono un incontro con i “media, che non potendosi svolgere nella sede del Comune, si tenne nella sala della biblioteca comunale.
Durante l’intervista, Molino fece distribuire copie di un piccolo “dossier”, che gli interessati avevano inviato al Coreco, all’assessore regionale enti locali ed al presidente della commissione antimafia, on. Violante. Inoltre annunciò che, contemporaneamente, era stata spedita all’organo regionale di controllo una copia della “storica delibera” dell’elezione della nuova amministrazione, considerata anomala dalla minoranza santalchiana, perché votata solo pochi minuti dopo la mezzanotte del due novembre, ultimo dei sessanta giorni di crisi amministrativa consentita dalla legge.
Durante l’intervista, Molino fece distribuire copie di un piccolo “dossier”, che gli interessati avevano inviato al Coreco, all’assessore regionale enti locali ed al presidente della commissione antimafia, on. Violante. Inoltre annunciò che, contemporaneamente, era stata spedita all’organo regionale di controllo una copia della “storica delibera” dell’elezione della nuova amministrazione, considerata anomala dalla minoranza santalchiana, perché votata solo pochi minuti dopo la mezzanotte del due novembre, ultimo dei sessanta giorni di crisi amministrativa consentita dalla legge.
Visto questo bailamme, l’assessore regionale agli Enti Locali, che allora era Luciano Ordile, non potè fare a meno di nominare immediatamente un ispettore per i necessari accertamenti sulla complicata vicenda. L’incarico per tale controllo fu dato al dottore Scialabba, che dopo qualche giorno s’insediò a Palazzo Longano per prendere in esame l’ingarbugliata situazione.
Intanto passavano i giorni e, mentre la città continuava ad arrancare, priva degli amministratori, nascevano e s’intrecciavano polemiche, persino tra gli stessi sostenitori di Molino.
Soprattutto i Missini sembravano aver preso la palla in balzo per aumentare la loro visibilità e rilasciavano dichiarazioni intese a sollecitare l’attuazione di “un patto leale tra le energie pulite presenti in città, per liberare Barcellona dalla logora politica dei corridoi e dei vecchi schieramenti asserviti alle direttive verticistiche”. Sembrò, questo, un parlare alla nuora perché intendesse la suocera. E nel caso specifico, la suocera era lo stesso Molino che cominciava ad essere sospettato di non essere del tutto libero da legami con qualche capocorrente dc, allora molto in auge e con grosso incarico alla Regione.
Insomma se Molino voleva fare il sindaco sorretto da un’aggregazione leale, doveva dimostrare di essere libero da ogni compromesso. Questo sostenevano praticamente Peppino Buzzanca, Pippo Marzullo, Rino Nania, Attilio Gelsomino, Eugenio Torre, in un loro pepatissimo comunicato.
Molino, da persona intelligente, capì l’antifona e cercò di mettere in chiaro le cose. Con una contro-nota, data alla stampa, spiegò che, quando in una sua intervista al Giornale di Sicilia aveva affermato che i democristiani che l’avevano votato erano sostenuti dal partito di appartenenza, salvo che a livello locale, era lontano dal pensare che ciò fosse un demerito, ma che fosse confortante verificare che su una battaglia politica legittima, ci fosse il consenso, quantomeno ideale, non soltanto della gente comune, ma anche dei partiti tutti. Quanto detto, secondo Roberto Molino, avrebbe dovuto smentire il sospetto che la “sua” operazione fosse stata architettata con il consenso e l’appoggio di qualche pezzo grosso dc: specificatamente, dell’assessore regionale Luciano Ordile..
Intanto passavano i giorni e, mentre la città continuava ad arrancare, priva degli amministratori, nascevano e s’intrecciavano polemiche, persino tra gli stessi sostenitori di Molino.
Soprattutto i Missini sembravano aver preso la palla in balzo per aumentare la loro visibilità e rilasciavano dichiarazioni intese a sollecitare l’attuazione di “un patto leale tra le energie pulite presenti in città, per liberare Barcellona dalla logora politica dei corridoi e dei vecchi schieramenti asserviti alle direttive verticistiche”. Sembrò, questo, un parlare alla nuora perché intendesse la suocera. E nel caso specifico, la suocera era lo stesso Molino che cominciava ad essere sospettato di non essere del tutto libero da legami con qualche capocorrente dc, allora molto in auge e con grosso incarico alla Regione.
Insomma se Molino voleva fare il sindaco sorretto da un’aggregazione leale, doveva dimostrare di essere libero da ogni compromesso. Questo sostenevano praticamente Peppino Buzzanca, Pippo Marzullo, Rino Nania, Attilio Gelsomino, Eugenio Torre, in un loro pepatissimo comunicato.
Molino, da persona intelligente, capì l’antifona e cercò di mettere in chiaro le cose. Con una contro-nota, data alla stampa, spiegò che, quando in una sua intervista al Giornale di Sicilia aveva affermato che i democristiani che l’avevano votato erano sostenuti dal partito di appartenenza, salvo che a livello locale, era lontano dal pensare che ciò fosse un demerito, ma che fosse confortante verificare che su una battaglia politica legittima, ci fosse il consenso, quantomeno ideale, non soltanto della gente comune, ma anche dei partiti tutti. Quanto detto, secondo Roberto Molino, avrebbe dovuto smentire il sospetto che la “sua” operazione fosse stata architettata con il consenso e l’appoggio di qualche pezzo grosso dc: specificatamente, dell’assessore regionale Luciano Ordile..
( Nella testina: l'ex assessore regionale Luciano Ordile)
Francesco Cilona
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