SI PENSA DI CONCEDERLE PER 90 ANNI ALLE IMPRESE, CON LA POSSIBILITA' DI ERIGERE COSTRUZIONI O DI RISTRUTTURARE QUELLE ESISTENTI
Nel decreto legge per il rilancio dello sviluppo economico varato giovedì 5 maggio al Consiglio dei ministri, vi è, tra l'altro, l'idea di concessioni demaniali delle coste italiane, e quindi delle spiagge, per ben 90 anni.
L'annuncio ha suscitato polemiche e proteste, non solo da parte delle associazioni ambientaliste ma anche del presidente della conferenza Stato-Regioni, VascoErrani.
Il WWF definisce tale possibilità "di una gravità assoluta", sostenendo che "lo Stato ha ceduto clamorosamente e irresponsabilmente alle richieste dei gestori degli stabilimenti balneari" che hanno "speculato per anni sui beni demaniali con guadagni enormi a fronte dei quali lo Stato riceveva riceveva cifre irrisorie".
L'UE ricorda che ciò "è in contrasto con le regole della concorrenza leale e del mercato unico".Ma perché avviene tutto questo, che puzza di complicità con i privati e mette in allarme la gente per il timore che si proceda alla ulteriore cementificazione delle coste italiane?
Per un fatto molto semplice: si dice che sia questione di borsa perché prolungando per quasi un secolo le concessioni demaniali si riesce a incassare subito molto più denaro che prima. E i soldi a Tremonti servono adesso.
Se poi i privati diventeranno "padroni" a vita dello spazio pubblico, il peggio toccherà a chi da questa svendita sarà escluso: ovviamente alla parte più povera dellapopolazione, che in effetti costituisce la maggioranza dei cittadini.
Stavo pensando che era consuetudine fino allo scorso anno, a Barcellona e in molte altre città d'Italia, che concessioni del genere (95 anni ) venissero fatte per i loculi cimiteriali: recentemente, invece, il nostro Comune ha ridotto il tempo di concessione di un quarto di secolo, seguendo quindi - e giustamente - una regola inversa che consentirà alle future generazioni - quando sarà giunta l'ora delle scadenze - di riutilizzare per altri defunti lo spazio tornato in pubblico possesso.