"Mi diceva mio figlio di un ragazzo di Barcellona Pozzo di Gotto che si è tolto la vita. Non si sa chi è, vero?"
Ho risposto:"No: generalmente questi eventi difficilmente hanno un nome sulla stampa".
E lui: "Capito, grazie professore: buona serata".
La risposta da me data si basava su una consuetudine che, quando scrivevo le mie corrispondenze giornalistiche, il Corriere della Sera e il Giornale di Sicilia mi avevano suggerito di rispettare.
Direi anzi che per prassi - spero ancora vigente - i suicidi non venivano pubblicati, a meno che non si riferissero a fatti eclatanti e/o a personaggi noti.
Questo, per rispettare la privacy e il dolore della famiglia che subisce un tale trauma, e per la pietas che un gesto estremo di tale portata dovrebbe sollecitare.E inoltre per rispetto del lettore perché, spiega lo psicologo,"la notizia di un suicidio lascia sempre un senso di smarrimento in chi la riceve.
Senonché, nella stessa serata, spulciando in internet, m'è capitato di incappare in un sito d'informazioni che dava spazio alla notizia, con precisi dettagli riguardanti nome, cognome, età del suicida, successivi commenti d'amici e conseguente indicazione di altri particolari sul carattere dello sfortunato giovane e sul posto in cui aveva lavorato.
Anche se non sono rimasto allibito per l'inattesa constatazione, essa m'ha amareggiato parecchio, perché m'ha fatto capire quanto ormai tenda ad allentarsi - particolarmente on line - il senso civico della riservatezza, che soprattutto chi ha il compito di diffondere notizie dovrebbe oculatamente misurare, specialmente in occasioni così delicate.
2 commenti:
condivido
Sono d'accordo anch'io.
Posta un commento