Più di una volta è stata presentata dal consigliere Mario Presti (PD) al Sindaco Candeloro Nania, un'interrogazione per sapere che cosa abbia finora fatto o stia facendo l'Amministrazione Comunale per rassicurare gli abitanti di taluni quartieri di Barcellona, che si dicono preoccupati per l'accresciuta presenza in prossimità delle loro abitazioni di antenne-ponte per il funzionamento della telefonia mobile. Praticamente si è cercato di sapere se esiste nella nostra città qualche dispositivo di vigilanza per il controllo della presenza di dette antenne e per a misurazione delle radiazioni eletrromagnetiche da esse emesse e se sia stata incaricata l'ARPA per almeno un primo monitoraggio e la ricostruzione d'una mappa.
C'è stata qualche risposta esauriente? Spetta almeno al consigliere Presti farcelo sapere.
La questione sulla pericolosità dei campi elettromagnetici è molto dibattuta tra innocentisti (padroni degli impianti) e colpevolisti (associazioni consumatori, ecologisti etc…). È plausibile, comunque, che queste radiazioni artificiali, che superano di migliaia o addirittura di milioni di volte il campo elettromagnetico naturale, e che non erano presenti fino a pochi decenni fa, per prudenza,vengano evitate o ridotte. Una ricerca su Internet vi darà centinaia di pagine di risposta. In Italia si è cominciato a parlare del pericolo dell’elettrosmog nel 1992. In quel periodo le zone a rischio erano concentrate nelle vicinanze dei ripetitori FM e TV. L’avvento dei ripetitori per telefoni cellulari ha causato una diffusione capillare del fenomeno elettrosmog che è destinato ad un aumento inarrestabile. Le proteste popolari organizzate dai numerosi Comitati che sorgono spontaneamente ad ogni nuova installazione e le Organizzazioni per la difesa dei Consumatori, sono riuscite a far approvare la Legge 381/98 che da 20 v/m ha portato il limite a 6 v/m (oltre le 4 ore d’esposizione) ma non sono quasi mai riuscitie a far eseguire il trasloco o lo smantellamento di un impian che superi abbondantemente tale limite. Realisticamente, considerando queste premesse, è difficile sperare in una diminuzione dell’elettrosmog nel prossimo futuro, anzi se ne prevede il raddoppio nei prossimi cinque anni. Dobbiamo abituarci a questa convivenza tentando di minimizzare gli effetti. In sintesi le regole di difesa sono quattro: 1) Misurazione dell’entità della radiazioni e schermatura della fonte. 2) Distanza di sicurezza. 3) Limitazione del tempo d’esposizione. 4) Schermatura del sito abitabile o della persona. Almeno per le prime due potrebbe pensarci la pubblica amministrazione. Per le altre spetterebbe ai singoli. Ma l'affare qui si fa complicato.
C'è stata qualche risposta esauriente? Spetta almeno al consigliere Presti farcelo sapere.
La questione sulla pericolosità dei campi elettromagnetici è molto dibattuta tra innocentisti (padroni degli impianti) e colpevolisti (associazioni consumatori, ecologisti etc…). È plausibile, comunque, che queste radiazioni artificiali, che superano di migliaia o addirittura di milioni di volte il campo elettromagnetico naturale, e che non erano presenti fino a pochi decenni fa, per prudenza,vengano evitate o ridotte. Una ricerca su Internet vi darà centinaia di pagine di risposta. In Italia si è cominciato a parlare del pericolo dell’elettrosmog nel 1992. In quel periodo le zone a rischio erano concentrate nelle vicinanze dei ripetitori FM e TV. L’avvento dei ripetitori per telefoni cellulari ha causato una diffusione capillare del fenomeno elettrosmog che è destinato ad un aumento inarrestabile. Le proteste popolari organizzate dai numerosi Comitati che sorgono spontaneamente ad ogni nuova installazione e le Organizzazioni per la difesa dei Consumatori, sono riuscite a far approvare la Legge 381/98 che da 20 v/m ha portato il limite a 6 v/m (oltre le 4 ore d’esposizione) ma non sono quasi mai riuscitie a far eseguire il trasloco o lo smantellamento di un impian che superi abbondantemente tale limite. Realisticamente, considerando queste premesse, è difficile sperare in una diminuzione dell’elettrosmog nel prossimo futuro, anzi se ne prevede il raddoppio nei prossimi cinque anni. Dobbiamo abituarci a questa convivenza tentando di minimizzare gli effetti. In sintesi le regole di difesa sono quattro: 1) Misurazione dell’entità della radiazioni e schermatura della fonte. 2) Distanza di sicurezza. 3) Limitazione del tempo d’esposizione. 4) Schermatura del sito abitabile o della persona. Almeno per le prime due potrebbe pensarci la pubblica amministrazione. Per le altre spetterebbe ai singoli. Ma l'affare qui si fa complicato.
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