Giunto il Commissario, il dottore Francesco Giarrizzo, funzionario regionale preceduto da buona fama, soprattutto per la concretezza dei suoi interventi, per prima cosa ritenne che, se si voleva far quadrare il bilancio del Comune, bisognava procurare parecchio denaro. E poichè le borse della Regione e dello Stato erano chiuse, da provetto burocrate, con calcolo glaciale, pensò di cercarlo tra le pieghe del fisco. Senza perdere tempo lo cercò e lo scovò nell'imposta sulla casa. Ad iniziare da quell'anno, l'ici - per decisione insindacabile del commissario - sarebbe aumentata del 20 per cento, con buona pace del possessore di case ed eventuale compiacimento di chi non possedeva neppure una tana. I commenti non mancarono, soprattutto da parte di chi si era detto contrario allo scioglimento del Consiglio, e furono critiche dirette soprattutto contro chi aveva tanto traccheggiando da fare scadere i termini imposti dalla Regione all'approvazione del Piano Regolatore Generale. Altro provvedimento del Commissario, anch'esso drastico, fu la chiusura del macello comunale, conseguente al fatto che non c'erano soldi sufficienti per rendere funzionante il depuratore. A salvaguardia delle condizioni igieniche e per il rispetto della legge, l'unica soluzione non poteva essere che quella di disattivare l'importante struttura cittadina, con relativo deviamento della macellazione in altri siti della provincia. Per questi fatti non mancarono le battute ironiche, e l'oggetto preferito fu il depuratore generale di Cantoni, che non aveva mai funzionato. "E se il commissario si accorge di ciò - si diceva - cosa farà per evitare che lo scarico delle fogne finisca direttamentre nel bel Tirreno? Lui che è tanto zelante, non potrebbe decidere di far chiudere tutti i cessi della città?" Ormai s'era giunti al paradosso, ma al dottore Giarrizzo, l'ironia popolana scivolava addosso come olio, e fino alle nuove elezioni - puntate per il 12 giugno - il suo comportamento continuò intransigente, senza fare una piega. E così, come diceva il barbiere nel suo salone, la città fu servita di barba, capelli e sciampo.
FRANCESCO CILONA
FRANCESCO CILONA
4 commenti:
ma non si dice shampoo?
Io so scrivere come parlo e parlo italiano. E poi quella frase non era mia, ma del barbiere e il barbiere lo sciampo lo conosce bene, meglio di me. D'altronde gli Inglesi scrivono "tea" riferendosi alla bevanda tradizionale delle 5 pomeridiane, eppure io scrivo e dico tè, come tutti gli Italiani. Ma tu sei figlio/a d'Albione, per caso? Se lo sei, perchè ti sei firmato anonimo? Avresti dovuto scrivere anonymous. Ah, quest'inglese, quanto mi piace! Ciao.
Bella risposta.Ma questo Anonimo dello shampoo è x caso il signor Pallino ?
il signor palla direi..
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