giovedì 28 aprile 2011

CARO CITTADINO, NON STARE MALE, ALTRIMENTI TI FREGO



Caro cittadino, dal 15 aprile 2011 per ritirare un farmaco equivalente dovrai pagare un importo corrispondente alla differenza tra il prezzo al pubblico del farmaco che ti viene consegnato ed il nuovo prezzo di rimborso stabilito dall'AIFA. Tale novità è prevista dalla legge 122/2010 che ha modificato il meccanismo del sistema del prezzo di riferimento dei medicinali equivalenti.

E' questa la prima parte della tabella sopra riportata, che è stata esposta in farmacia, per avvertire i cittadini che se vogliono risparmiare ricorrendo ad un medicinale "equivalente" devono pagare... di più.
Intanto, per chi non lo ricordasse, si definisce farmaco equivalente quel medicinale contenente uno o più principi attivi il cui brevetto sia scaduto, per cui è copia bioequivalente di una specialità medicinale regolarmente in commercio.
Può essere prodotto da industrie farmaceutiche che, non avendo affrontato il costo per la ricerca e per il brevetto, sono state finora in grado di prezzarlo in maniera più contenuta.
Questo particolare ha reso più conveniente l'acquisto.
Ma ecco che, recentemente, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), ente deputato a controllare l’immissione in commercio dei farmaci, ha deciso di ridurre radicalmente i rimborsi dello Stato per tale tipo di farmaci ‘concessi dalla mutua’, ossia quelli prescritti dal medico di famiglia e pagati dal Sistema Sanitario.
A partire dal 15 Aprile 2011 è entrato in vigore un listino, pubblicato sul sito www.agenziafarmaco.gov.it, nel quale, per ciascuno dei 4.188 farmaci generici a prescrizione, si è stabilito il nuovo costo che lo Stato è disposto a pagare. Di conseguenza le aziende produttrici di farmaci generici sono state invitate ad abbassare i prezzi dei prodotti, adeguandoli ai rimborsi, con riduzioni che raggiungono il 40% del prezzo originale.
I tagli richiesti sono però apparsi sostanzialmente insostenibili, soprattutto per le aziende più piccole, che non possono contare su volumi di produzione ampi e che potrebbero essere costrette a ritirarsi dal mercato italiano. Tanto che Farmindustria, per voce del presidente Sergio Dompè, ha prospettato il rischio di perdita di migliaia di posti di lavoro, derivante dallo spostamento della produzione all’estero da parte di molte aziende farmaceutiche italiane.
Stando così le cose, se non si arriverà cioè ad un ridimensionamento dei tagli, il minimo che potrà accadere sarà un grave scotto per noi cittadini, che avendo necessità del farmaco, dovremo sobbarcarci l'onere della differenza imposta dallo Stato.
Evviva a Tremonti e a Berlusconi, che non hanno mai inteso mettere le mani nelle tasche dei citadini: a loro basta svuotarci il portafoglio, se per caso ne abbiamo uno.

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