Devo confessare che del Festival di San Remo , che non ho mai amato, non avrei voluto scrivere neppure mezza riga. Adesso, invece, mi sento costretto a smentire il mio proponimento. Almeno un pensiero, anche se errato, lo devo esprimere. Intanto dico che il Festival di San Remo, non soltanto per gli anni che porta sulle spalle, è malato ormai da tempo, forse anche dalla nascita, e se è durato finora lo si deve all’accanimento terapeutico che a suon di milioni gli si continua a propinare. Fino a farlo gonfiare come la vescica di maiale che, ai tempi dell’autarchia, i ragazzi mettevano nel loro pallone, al posto della camera d’aria. Dopo il medico Baudo, rimasto abbarbicato alle obsolete medicine tradizionali, visti i risultati deludenti, stavolta al capezzale del Festival, è stato chiamato uno “specialista” più giovane , nella convinzione – si dice – che potesse far miracoli con una terapia innovatrice, in grado di tener conto – non dico dei progressi della scienza e della tecnica – ma delle aspettative della nuova generazione italica e forse anche mondiale. Hanno portato accanto al letto del Festival il dottor Bonolis, il cui nome già avrebbe dovuto dire tanto sulla BONtà dell’intervento. E il nuovo terapeuta, molto ciarliero per sua natura, ma non ciarlatano per carità, ha imbottito il nostro malatone di tante innovazioni che alla fine ci hanno portato addirittura alla scoperta che il Festival non solo può risuscitare, ma anche può fare il miracolo di far sposare ufficialmente – ufficiosamente in verità era arcinoto – Rai e Mediaset. Tanto che i giornali potranno finalmente parlare – nei loro titoli – di Raiset . O peggio ancora di MediaRai, come preferirebbe mister Silvio. Che tale preferenza possa essere verace, ce lo conferma il risultato finale, che ha posto al top del podio, Marco Carta , che ha cantato “La forza mia”, che per lui ,come scrive il Messaggero “la forza sua non era l’amore, ma il televoto. La Moccia-generation ha il dito facile, fortunatamente non sul grilletto della pistola, ma sul tasto del cellulare”. Ma cos’è la Moccia Generation? Ce lo spiega Luca Baroncini: “Con il nuovo millennio, nasce la "Moccia generation", giovani avulsi da qualunque consapevolezza sociale che passano la giornata a forgiare nuovi acrostici per il cellulare e che si prendono e si lasciano in continuazione senza un perché. Questo, almeno, è ciò che una certa letteratura prima, un certo cinema dopo, ma soprattutto tanta televisione, hanno cercato di imporre. Il fatto è che ci sono riusciti.” La presenza di Maria De Filippi, all’atto della premiazione del suo “pupillo” Carta, a tale proposito, la dice lunga.
fra' galdino
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